martedì 8 gennaio 2013

Nascita di un silurino biondo



Il 29 dicembre alle 18.34 sono diventata zia.
12 ore di travaglio in sala parto sono un'infinità di tempo per fare un sacco di cose. Ad esempio sbraitare stupidamente con il fidanzato per uno stupido motivo -inutile dirlo, ma ne approfitto per fare pubblicamente ammenda: sorry!
Oppure leggere, provare qualche gioco in stile chi vuol esser milionario, immaginarsi il colore degli occhi e dei capelli della bimba che sta per nascere, discutere sui nomi dei figli futuri. Osservare le famiglie che sono con te in sala d'attesa e condividere un pezzetto di vita con loro.

Siamo arrivati in ospedale prima di pranzo, molto emozionati, come gli altri parenti in sala d'attesa. La prima volta che un fagiolino è uscito dalla sala parto, avvolto in coperte verde ospedale, in braccio al suo papà, i rubinetti di tutte le donne si sono aperti all'istante - ottimo inizio, considerato che non avevamo nessun vincolo di parentela con il neonato.
Poi sono arrivati due gemelli, piccolissimi e con qualche problemuccio da aggiustare, e una zia e dei nonni iper preoccupati: la nonna si sente svenire e i medici arrivano in corsia con la barella.

Fratellini e sorelline più grandi si aggirano avanti e indietro impazienti di vedere finalmente chi fra qualche mese gli romperà tutti i giocattoli.

Nostro papà, ormai quasi nonno, che non è venuto in ospedale, telefona puntuale come le contrazioni per avere aggiornamenti: ancora niente, siamo a metà dilatazione, forse si fa l'epidurale; un poco di riposo per la mamma che è stanchissima e anche per il papà che le è accanto. Ok forse adesso ci siamo, iniziano le spinte. Gli zii parlano e scattano qualche foto, siamo emozionati e non sappiamo come far andare più veloce il tempo.
Le nonne riescono a infilarsi nel corridoio e da lontano, mentre sentono urla e pianti, cercano di farci dei gesti come a dire "forse è nata, però aspettate, sentiamo piangere!", ma il telefono senza fili funziona male, o forse troppo bene, e non capiamo un accidente. Finalmente il volto radioso delle nonne è più chiaro di qualsiasi gesto e dopo un po' di minuti arrivano in corridoio. La mamma sul lettino, stanca, sfinita e bellissima, spinta dalle ostetriche che sono il motore di ogni parto. Il papà, che le cammina accanto, orgoglioso con gli occhi ancora un po' rossi. E in braccio: Emma. Un silurino biondo troppo lungo per la coperta verde d'ordinanza, con indosso la prima tutina. I capelli sono bagnati, le manine sono bluastre per lo sforzo fatto, e gli occhi sono vispi.

Benvenuta Emma, inizia l'avventura assieme a tutte le persone che ti amano e che ti hanno aspettato per nove mesi, più 12 ore.

1 commento:

  1. noi fuori ad aspettare non avevamo nessuno, è stata la nostra notte, un ricordo che rimane marchiato a vita nel cuore di una mamma e che è talmente intenso e bello che quasi si fa fatica a parlarne.
    Benvenuta ad Emma, che ormai è quasi maggiorenne :-D

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